Sommario: 1. Nel dedalo delle limitazioni e delle libertà: elementi per orientarsi e farsi un’idea in proprio. – 2. I presupposti dell’analisi: la funzione dei vaccini e la funzione della scienza. L’inutile “fumo” della discussione. – 3. Green pass e obbligo vaccinale: i criteri di verifica delle limitazioni alle libertà. – 4. Cos’è la “ragionevolezza” nelle limitazioni delle libertà individuali e nella tutela degli altri? – 5. La valutazione probabilistica del maggior beneficio pubblico e del minore sacrificio privato. – 6. Il decisore e i controllori: la “bollinatura” della ragionevolezza. – 7. La democrazia rappresentativa, la comunità e lo “sfregamento” delle libertà.
1. Nel dedalo delle limitazioni e delle libertà: elementi per orientarsi e farsi un’idea in proprio.
È possibile che nel giro di qualche settimana il Parlamento o, in via d’urgenza, il Governo introduca l’obbligo vaccinale per fasce di popolazione sempre più ampie. Ed è possibile che fin d’ora estenda ulteriormente l’obbligo del green pass.
La situazione che si va profilando, quale che sia la prospettiva di analisi che s’intende privilegiare, è seria ed è un unicum. Anzitutto perché è la prima volta che Parlamento e Governo si devono confrontare con un ventaglio amplissimo di situazioni e interessi che mai, prima, si erano affacciati tutti insieme alla finestra della storia. Ogni provvedimento deve dialogare con diritti e doveri, obblighi e libertà, interessi collettivi e interessi privati, con economia e salute, scienza e buon senso, evidenze empiriche e supposizioni. E poi perché si deve confrontare con un sistema massmediatico non soltanto globale, ma anche accessibile a chiunque intenda farsi divulgatore attivo di notizie, vere o false che siano. Un sistema incontrollabile nei contenuti, ma potentissimo nel plasmare le coscienze, formare credenze, indurre in comportamenti anche contrari alle indicazioni delle autorità.
Nei limiti delle mie conoscenze vorrei provare a fornire qualche elemento di riflessione affinché ognuno possa dare una risposta in proprio alle domande centrali del dibattito: gli obblighi di cui si parla si possono considerare legittimi? E quali sono i criteri o i parametri da utilizzare per formarsi un’idea sulla legittimità o meno delle limitazioni, un’idea seria, costruttiva?
2. I presupposti dell’analisi: la funzione dei vaccini e la funzione della scienza. L’inutile “fumo” della discussione.
Fin d’ora sia chiara una cosa: non intendo proporre certezze, ma, come ho già detto, solo pochi, essenziali elementi di ragionamento.
Per mantenere questa promessa, sono necessarie alcune puntualizzazioni di metodo. La prima: assumo per presupposta la validità della teoria accreditata dalla comunità scientifica maggioritaria e validata secondo i criteri della scienza oggi vigenti, ossia che il vaccino sia lo strumento meno inidoneo a prevenire in misura ragguardevole la diffusione del virus, l’aggravarsi della sintomatologia nei pazienti infettati, i ricoveri ospedalieri e la morte degli infettati stessi.
La seconda: assumo che la scienza medica, come quella farmaceutica e quasi tutte le scienze dello scibile umano non siano infallibili, né possiedano verità assolute e immodificabili nel tempo. La scienza moderna non possiede verità, non ha per funzione quella di acquisire e proporre verità, men che meno eterne.
“Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato”, scrisse Albert Einstein nella lettera a Max Born nel dicembre del 1926 a proposito della teoria della relatività. La teoria popperiana sulla falsificazione, base della moderna metodologia scientifica, muove da qui, da questa frase, e a questa torna.
Oggi è pacifico che le proposizioni scientifiche non sono incondizionatamente vere o incondizionatamente false. E non lo sono perché non riproducono, né per intuizione, né per natura, una verità presupposta, assoluta, o una falsità presupposta, assoluta.
Le proposizioni scientifiche, piuttosto, sono proposizioni rigorose: non vere o false, ma rigorose o non rigorose, finalizzate al raggiungimento del risultato dotato di maggiore attendibilità tra quelli possibili in un dato momento e dunque di un risultato “falsificabile”, caratterizzato da un margine di fallibilità intrinseco.
La terza precisazione è questa: espungo da questa analisi considerazioni sia sull’origine della pandemia, sia sui motivi per i quali alcuni Stati, ad iniziare dalla Cina, e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno inizialmente sottovalutato le conseguenze del virus su scala planetaria, sia ed infine, sugli interessi economici che ruotano intorno alla pandemia e ai vaccini.
Questi argomenti non li prendo in considerazione non perché irrilevanti, ma perché svierebbero la riflessione. Riflessione che, come ho detto, vuole semplicemente mettere in fila alcuni elementi di valutazione.
Affrontare “l’universo e dintorni” ripeterebbe l’errore ormai frequentissimo, almeno ai miei occhi, di accavallare i piani del ragionamento e creare un calderone fumante e sbuffante, così da offuscare, alla fine, con il fumo e con gli sbuffi, il cuore dei problemi e da appannare la mente dell’opinione pubblica.
Errore di metodo e di comunicazione, ma anche e principalmente errore intellettuale, proprio dei tempi moderni.
3. Green pass e obbligo vaccinale: i criteri di verifica delle limitazioni alle libertà.
Iniziamo col chiedersi se esista un dovere individuale di solidarietà sociale, linfa valoriale e giuridica dei successivi obblighi che in concreto possono limitare le libertà individuali. E col domandarsi quali siano i criteri utili per verificare la legittimità di tali limitazioni.
Il dovere di solidarietà sociale esiste ed esiste per Costituzione. Raramente è richiamato nel dibattito pubblico, eppure apre la nostra Carta, tanto è fondamentale. Lo stabilisce l’articolo 2: “La Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale”.
Questo dovere sta prima delle limitazioni alla circolazione, pure possibili per l’art. 16 della Costituzione, e prima dell’obbligo vaccinale, che il Parlamento potrebbe disporre in forza del secondo comma dell’art. 32 della stessa Costituzione. Imposizioni, sia chiaro, che devono o dovrebbero in ogni caso rispettare la dignità umana e i parametri di ragionevolezza, proporzionalità e non arbitrarietà.
Il discorso si può ripetere per il green pass e per le altre misure via via introdotte. Ecco, allora, che cammin facendo abbiamo trovato la risposta anche al secondo interrogativo: sono ragionevolezza, proporzionalità e non arbitrarietà i criteri da utilizzare per verificare la legittimità delle limitazioni o dell’annullamento delle libertà individuali, indipendentemente dalle misure che concretizzano limitazioni o annullamento stessi.
Fra le diverse limitazioni – che siano quelle collegate al green pass o quelle collegate all’obbligo vaccinale non ha importanza per questo discorso – ciò che cambiano non sono i parametri di valutazione, ma l’intensità o la profondità delle limitazioni stesse e i presupposti di fatto sui quali si applicano quei parametri. Per esemplificare, un conto è valutare la ragionevolezza della riduzione della libertà determinata dall’obbligo di distanziamento, altro è verificare la ragionevolezza del suo annullamento associato all’obbligo vaccinale. Il parametro è lo stesso, la ragionevolezza, ma diverse sono profondità e tipologia di compressione, e diversi sono pure i presupposti di fatto che consentono di capire se quegli obblighi sono o non sono legittimi e quindi se quelle compressioni sono o non sono ragionevoli.
Il cuore della discussione sta tutto qui, nella ragionevolezza, ossia in un principio che, come scrive Marta Cartabia, è ormai “utilizzato come complemento e in appoggio a qualunque altro principio costituzionale richiamato a parametro”.
(considerata la finalità puramente divulgativa di queste riflessioni, la ragionevolezza è qui assunta come categoria di sintesi, archetipica di tutte le altre che ad essa in qualche modo si collegano e quindi anche l’uso del termine rispecchia questa preferenza espositiva).
4. Cos’è la “ragionevolezza” nelle limitazioni delle libertà individuali e nella tutela degli altri?
Cos’è la ragionevolezza, allora?
Senza tecnicismi e pretesa di completezza, si può anzitutto dire che cosa essa non sia: non è sinonimo di buon senso, non è criterio personale di comportamento, né designa saggezza, senno, sensatezza, non è un concetto filosofico e men che meno è un concetto morale. E non è neppure un concetto individuale, che ognuno se lo costruisce ad uso e consumo.
Ma se non è tutto questo, in cosa consiste? E’ un principio di diritto, arato e ampiamente spiegato dalla scienza giuridica, dalla Corte costituzionale, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. E’ per prima cosa un criterio autolimitativo del potere statale, un criterio che delimita la “quantità” del potere stesso utilizzabile per raggiungere un fine pubblico con il minor sacrificio possibile dell’interesse dei privati.
Oltre a criterio limitativo del potere, è principio di qualità, che timbra qualitativamente una scelta legislativa, la quale, perciò, sarà legittima se ragionevole. Osando un paragone prosaico, la ragionevolezza è come la denominazione di origine controllata per particolari territori di coltivazione di vitigni o olivi. Nella Denominazione di Origine Controllata, la loro qualità e quella dei loro prodotti trovano il sigillo. E così la scelta normativa lo trova nella ragionevolezza.
Quali requisiti deve rispettare, dunque, per ottenere il sigillo? Semplificando molto si può dire che i principali sono questi:
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deve essere “idonea”, nel senso che il mezzo o lo strumento preferito dal legislatore deve essere congruo, adeguato al fine;
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deve essere “necessaria”, deve cioè cadere sul mezzo meno invasivo, su quello che, purché idoneo al fine, determina il sacrificio minore per i destinatari della legge, perché è proprio la maggiore mitezza dello strumento selezionato che comprova la necessarietà della scelta;
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deve essere “proporzionale”, ossia la limitazione che la scelta stessa comporta non deve essere esorbitante rispetto all’interesse generale e ai beni della vita anche individuali che vuole proteggere. La proporzionalità è rivolta a garantire che un interesse coinvolto non abbia la prevalenza assoluta su un altro, sempre che il sacrificio totale di uno non si imponga per esigenze conclamate di carattere pubblico o non sia conseguenza dell’applicazione del principio di precauzione nella tutela di interessi anche individuali (Corte costituzionale, sent. n. 63 del 2016, n. 264 del 2012 ed anche n. 58 del 2018, nonché sent. n. 5 del 2018 dedicata espressamente agli obblighi vaccinali per i minorenni);
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deve essere “bilanciata”, frutto cioè di una comparazione di tutti gli interessi costituzionali messi in discussione. La scelta, in altre parole, deve seguire un ragionevole ed equilibrato bilanciamento dei valori costituzionali in gioco. Per essere tale, il bilanciamento deve essere condotto senza consentire «l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona» (sent. n. 85 del 2013). Ma se le limitazioni all’autodeterminazione individuale si impongo per “esigenze di tutela della salute individuale e collettiva”, la prevalenza di queste esigenze può giustificare, di volta in volta, raccomandazioni od obblighi per i singoli a sottoporsi a specifici trattamenti sanitari. Trattamenti utili “non solo per migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche per preservare lo stato di salute degli altri” (sent. n. 5 del 2018 e prima n. 268 del 2017).