Referendum costituzionale: risparmio di spesa e propaganda (quarta puntata)

Referendum costituzionale: risparmio di spesa e propaganda (quarta puntata)

              Il contenimento dei costi è stato e continua ad essere argomento strumentalmente utilizzato per finalità propagandistiche, al solo scopo di estorcere consenso basato su rappresentazioni ingannevoli della realtà.

Il risparmio di spesa

Continuiamo a verificare i cavalli di battaglia dei sostenitori della riduzione dei parlamentari. Dopo quello del miglioramento dell’efficienza del sistema, del quale si è detto nella precedente “puntata” (clicca qui), ne rimangono altri due. Il primo riguarda il risparmio di spesa che si otterrebbe col taglio, l’altro si riferisce all’allineamento che questo produrrebbe tra numero dei nostri parlamentari e numero di parlamentari di altri paesi.

Entrambe queste argomentazioni sono poco più che foglie di fico buone solo a nascondere le pudende di una riforma scriteriata.

Il dato falso e quello vero sul risparmio

Partiamo dai soldi. I fautori della riduzione sostengono che in cinque anni lo stato risparmierebbe 500 milioni di euro.

Il dato è falso. Il risparmio reale non supererebbe, in cinque anni, 280 milioni, pari a circa 55 milioni ogni anno. Lo certifica lOsservatorio Nazionale sui conti pubblici italiani ed è facilmente verificabile da chiunque sappia leggere i bilanci di Camera e Senato.

La cifra annua che potrebbe essere davvero risparmiata, dunque, corrisponde allo 0,007 per cento della spesa pubblica complessiva, che, al netto degli interessi sul debito pubblico, supera 770 miliardi. Riportato ad ogni cittadino, il contenimento sarebbe pari a 0,95 centesimi all’anno, giusto na’ tazzulella e’ cafè. In un anno, sia chiaro.

Rispetto, poi, alle spese complessive di funzionamento di Camera e Senato, il contenimento non raggiungerebbe neppure il 4 per cento. Il bilancio di Montecitorio prevede spese per quasi 1 miliardo e quello di Palazzo Madama per 450 milioni, e dunque la riduzione complessiva di 55 milioni avrebbe un’incidenza estremamente marginale (clicca qui per la Camera  – clicca qui per il Senato).

Il baratto: un gioco al massacro

Allora, ragionando seriamente e lasciando perdere slogan, parate televisive, giocolieri in piazza e sui terrazzi, le domande da porsi sono queste: al cospetto di un così modesto risparmio, è credibile che in esso stia la reale giustificazione della riforma? E poi, si può considerare seria una proposta che baratta la rappresentatività con una manciata di spiccioli? Le risposte non possono che essere entrambe negative, senza se” e senza ma”.

Il contenimento dei costi è stato e continua ad essere argomento strumentalmente utilizzato per finalità propagandistiche, al solo scopo di estorcere consenso basato su rappresentazioni ingannevoli della realtà.

I trompe-l’œil concettuali e linguistici: l’inganno affabulatore

In parole diverse,

          Chi fa politica in questo modo crea continuamente trompe-l’œil concettuali e linguistici, sui quali prova a convogliare artatamente lo sguardo degli elettori, facendo loro credere che ciò che osservano sia reale, quando invece è solo un gioco ingannatorio di prospettiva.

Chi fa politica in questo modo riproduce unarealtà illusoria e l’osservatore, proprio perché illuso, si convince che ciò che osserva sia reale, non artificiale, come invece è.

Vi è di più. Linganno non sta solo nella mistificazione dei dati, ma anche nel fatto che con questa stessa tecnica si instilla negli elettori la convinzione che i costi della democrazia siano tutti inutili, perché tutti destinati al mantenimento della casta”, di un manipolo di nullafacenti spesati dai contribuenti.

La “casta” e i nullafacenti

Non è così, anche questa rappresentazione è ingannevole. Lo è, anzitutto, perché confonde i piani di ragionamento, equiparando i costi della democrazia, che non possono essere compressi più di tanto, pena la compressione della stessa democrazia, con i costi della politica. E lo è soprattutto perché vuol far credere che il sistema democratico possa funzionare a costo zero o quasi zero, e che a questo risultato si arriverà un giorno con la “rete” e la democrazia diretta. Intanto mettiamoci in cammino, è il messaggio subliminale ulteriore che viene lanciato dall’etere e da internet.

E’ un messaggio gelatinoso, che rasenta l’ipnotico. Proviamo a uscirne. La democrazia rappresentativa ha indubbiamente costi elevati, incomparabilmente più elevati di qualsiasi altro sistema, specialmente di quelli dittatoriali. Ma, come ripeteva Sandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica, “è meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”.

Intendiamoci, che la democrazia costi molto di per sé non significa che essa possa legittimamente contenere privilegi o sprechi. Lo sperpero del denaro pubblico è sempre ingiustificato e dunque lo è – e forse a maggior ragione – anche quello direttamente collegato alla funzione rappresentativa.

Per ottenere lo stesso risultato bastava …

Eproprio per questo, allora, che, se si riteneva essenziale incidere sulla spesa e che quella del Parlamento fosse infarcita di sprechi, si sarebbe dovuto intervenire su di essi, oppure si sarebbero potute rivedere al ribasso le indennità dei parlamentari, i criteri di rimborso delle spese da loro sostenute o gli altri costi di contorno.

Facendo bene di conto, i risparmi sarebbero stati non troppo dissimili da quelli che si potranno conseguire con l’approvazione del taglio. Ora, siccome è difficile credere che i suoi ideatori non sappiano mettere in pratica le quattro operazioni aritmetiche, è da ritenere che la loro reale strategia non sia quella di fare economia.

Un altro motivo per dire “NO”

La sola plausibile, anche ponendoci dallangolo visuale dei numeri, non può che essere, allora, quella di avviare la marcia della destrutturazione della rappresentatività.

Nella prossima “puntata” parleremo dei parlamenti degli altri paesi, dato che l’erba del vicino è sempre più verde!

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